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Piano di disaster recovery: tutto quello che devi sapere

3 minuti di lettura TAG: Sicurezza

Un’interruzione dei sistemi informatici può accadere in qualsiasi momento. Per proteggere dati e processi aziendali è necessario avere un piano di disaster recovery (DRP), cioè un documento strutturato che definisca procedure, ruoli e strumenti per ripristinare rapidamente i sistemi e garantire continuità operativa.

In questo articolo vediamo cos’è un piano di disaster recovery, perché è importante averlo e come crearlo.

Piano di disaster recovery: cos’è e perché è importante

Il piano di disaster recovery raccoglie tutte le indicazioni necessarie per riportare in funzione sistemi IT, applicazioni, reti, dati e processi critici dopo un’interruzione significativa.

I due obiettivi principali sono:

  • Ridurre i tempi di inattività (downtime), evitando perdite operative o reputazionali.
  • Limitare la perdita di dati, garantendo la continuità delle attività aziendali.

Un DRP ben definito non è solo un insieme di procedure tecniche: assegna responsabilità precise, stabilisce priorità e integra controlli periodici per essere sempre pronti in caso di emergenza.

Come creare un piano di disaster recovery

Un piano di disaster recovery deve essere chiaro, realistico e testato. I passaggi fondamentali sono:

1. Analisi dei rischi

Mappare tutti i possibili eventi che potrebbero compromettere l’infrastruttura: guasti hardware, problemi di connettività, attacchi informatici o calamità naturali (come allagamenti o terremoti).

2. Business Impact Analysis (BIA)

Questo strumento è fondamentale per valutare l’impatto di ciascun rischio sui processi aziendali e definire le priorità di intervento.

3. Definizione di RTO e RPO

  • RTO (Recovery Time Objective): il tempo massimo entro cui un sistema/processo deve essere ripristinato per non causare danni inaccettabili.
  • RPO (Recovery Point Objective): la quantità di dati che un’azienda può perdere senza gravi danni.

4. Scelta delle soluzioni tecnologiche

Le opzioni possono includere:

  • Backup regolari (on-premise e in cloud): conservano copie dei dati a intervalli definiti, permettendo di recuperarli in caso di perdita o danneggiamento.
  • Sistemi ridondanti o server di emergenza: hardware e software pronti a sostituire immediatamente componenti guasti, riducendo il downtime.
  • Replica geografica dei dati: copie sincronizzate in più sedi fisiche, utile per proteggersi da eventi locali come allagamenti o incendi.
  • Soluzioni DRaaS (Disaster Recovery as a Service): servizi cloud gestiti da provider esterni, che permettono failover rapido e semplificano la gestione del DRP senza infrastruttura secondaria propria.

5. Procedure operative

È fondamentale avere un playbook operativo che indichi passo per passo chi fa cosa, in quale ordine si attivano sistemi, come si deve comunicare, come attivare i fallback, come verificare l’integrità dei dati e come rientrare (failback).

6. Formazione del personale

Ogni figura coinvolta deve conoscere procedure e responsabilità.

7. Test e aggiornamenti periodici

Il piano va testato e aggiornato regolarmente, una o due volte l’anno, per garantirne l’efficacia.

piano disaster recovery come crearlo

Conclusioni

Prevedere un piano di disaster recovery, testarlo e aggiornarlo periodicamente significa essere pronti ad affrontare imprevisti senza bloccare l’attività e senza interrompere le comunicazioni.

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